La città tra nuove e antiche aspirazioni.
Una delle conseguenze della scelta strategica, per il controllo del virus, è stata quella della segregazione della popolazione presso la propria casa; di colpo il mondo si è ristretto alle mura domestiche e solo mezzi artificiali di comunicazioni hanno reso meno estremo l’ isolamento conseguente alla mancata libertà di movimento.
La solitudine che si sta vivendo è conseguenza della situazione sanitaria e delle scelte del governo per la sua gestione e il contenimento? Sembrerebbe di sì in prima battuta.
Forse la realtà di oggi amplifica il contenuto del mondo della città, diversamente dai piccoli centri.
La solitudine non è una realtà che colpisce solamente ai tempi della pandemia.
Il virus obbliga a cogliere, in modo forte, le nuove leggi che determinano l’urbanizzazione.
Smesse la vesti di aggregazione e socializzazione con un valore culturale, formativo della vera società, la città, che si riconosceva nei limiti precisi delle mura che la circondavano e che la tenevano separata da una realtà grezza delle campagne, oggi ha un significato diverso.
La città odierna ha il suo senso nel raggiungimento degli obiettivi di produzione di beni materiali.
In questo schema la ragione e lo scopo si spostano dalla facoltà di produzione della cultura, in senso lato, a quella mercantile dove l’efficenza e i risultati misurano attività e l’utilità dell’operaio anche se nascosto nei panni di un manager laureato e con titoli altisonanti.
Fuori dal vortice della produttività i soggetti perdono valore; fuoriuscito dal circuito della forza trainante del PIl, è escluso dalla categoria delle persone di senso.
Non più cittadini ma produttori e consumatori in un circuito di alienazione che porta inevitabilmente alla competizione, al surpruso.
Cambiato il senso della città come luogo della formazione di cittadini sul modello dell’antichità si è sostituito ad esso un modello la cui efficienza si misura nella velocità con cui riesce trasportare le persone,“gli operai” verso i luoghi di produzione.
Non viene chiesto nulla se non l’adesione a questo progetto, il paradigma di un’esistenza “esternalizzata”, il cui senso non è da ricercarsi all’interno delle credenze e fede della persona. Un qualsiasi pensiero che non sia unicamente materialista porterebbe alla ricerca di relazioni e aspettative di senso della vita che non si riduce al mero consumo.
Al contrario si finisce per riconoscersi unicamente in aggregati virtuali o di passioni che uniscono in quanto chiamano a partecipare persone che aderiscono a quel pensiero.
Ci si trova ad avere una società formata da persone che non si riconoscono in quanto persone ma come membri di club che riempiono il pomeriggio e la serata fino a quando il corpo regge. Nessuna traccia viene lasciata in questa città dove si sparisce nell’anonimato dopo una vita anonima.