La Paura
Siamo immersi nella paura tanto da concedere alle figure, deputate alla difesa e alla protezione, dei poteri che in altri momenti non saremmo contenti che fossero concentrate nelle loro mani.
Paura sì, ma di cosa?
Sono pochi quelli che hanno paura di perdere i diritti sociali che sono l’amalgama che tiene unita la società.
La paura spinge verso forme di isolamento e non di un’unione se l’altro, chiunque esso sia, diventa sorgente di pericolo, portatore inconsapevole di morte molte volte.
Il sospetto, alimentato dalla paura, distorce la comunicazione che costituisce il rapporto fondante la società.
Nel contempo la paura, da risposta salutare in uno stato di natura, diventa l’elemento che condiziona il pensiero indirizzandolo verso un’abdicazione della propria autonomia e centralità dell’essere. Affidare ad altri la direzione dello sviluppo spirituale è il passaggio successivo.
Se gli eventi della vita diventano unicamente degli intoppi allora bisogna sbarazzarsene il più velocemente possibile.
Un incidente che intralcia la vita quotidiana determina la perdita del senso proprio nel momento in cui il suo regolare scorrere si arresta. Tutto questo rende fragile il significato della vita vista come continuo scorrere di momenti che si sostituiscono ad altri. Gli eventi avversi non hanno una relazione significativa con lo sviluppo dell’essere umano ma solo intoppi; non viene colta la profonda relazione con il destino e la conseguente paura spinge alla richiesta che sia risparmiato l’amaro calice.
Eppure quando abbiamo toccato il fondo di tutte queste riduzioni e limitazioni allora bisogna arrivare a chiedersi ed ora?
Ed ora cosa ad altro dovremmo rinunciare se tutto ciò che avevamo che aveva senso nella vita appare aver perso il suo posto?
Cercare di tornare alla normalità quando è questa normalità che produce aberrazioni e desideri; non ci si può limitare alla paura di perdere quando, in realtà, non sappiamo a cosa abbiamo realmente rinunciato, nel momento in cui abbiamo imboccato una strada, che ci allontana dal anelito profondo dell’essere umano.
Siamo impauriti di perdere alcuni diritti ma, nella visione miope, siamo anche disposti distruggere il legame con la verità pur di mantenere uno spazio protetto dalla menzogna.
La paura dovrebbe essere quella alla fine di aver vissuto una vita chiusa nel recinto della propria o altrui convinzione senza aver mai posto in discussione tutto il reale proposto.
Di aver poi scoperto che l’anelito alla propria crescita non passo unicamente nel soddisfacimento dei bisogni materiali.
Il percorso della vita ci espone ai pericoli proprio per il fatto stesso di essere nati, si può ridurre il pericolo fino a chiuderlo fuori dalla campana di vetro e vedere scorrere la vita fino alla fine come un’ombra senza spessore e anima.