la conquista del proprio aspetto
Vedo allo specchio un’immagine di me stesso che non mi piace e decido che devo dimagrire per poter raggiungere quella che credo essere la mia forma migliore.
Quante volte arriviamo alla risoluzione di acquisire una nuova condizione fisica, una competenza in una lingua straniera, ad esempio, o di abbandonare un comportamento non salutare e ciò comporta una fatica e uno sforzo?
Ecco che non appena si passa dal proposito all’azione si scopre quanto sia meno facile dare corpo all’intenzione che la mente ha avuto. Poco dopo si lascia la strada della fermezza per ripercorrere quella abituale che ci aveva portati dove non volevamo più stare.
Solo un proposito costantemente mantenuto, non abbandonato ai primi insuccessi o alle prime difficoltà, può determinare la differenza tra il successo o il fallimento.
Se prendiamo il digiuno come emblema di un proposito che si voglia conseguire per l’estetica o la salute, solo dopo poche ore possiamo incontrare i primi ostacoli che indeboliscono le convinzioni più pervicaci.
“Ho fame, ho fame e non posso resistere”; questi sono i trabocchetti che la nostra mente attua appena si trova in difficoltà.
Da una parte il proposito e dall’altra il tranello che blocca il raggiungimento dell’obbiettivo: perdere peso attraverso il digiuno o fermarsi perché costa qualche sacrificio, rinuncia. Il senso della fame se da un lato è un segnale naturale e indispensabile per la vita, dall’altro si modula attraverso fasi di ondate e non rimane costantemente presente; ciò significa che se riesco a superare una fase per qualche tempo non sarò soggetto al segnale. Conoscere la dinamica dei segnali ci permette di prevederli e sopportarli e mettere in atto metodiche di modulazione degli stessi al fine di renderli accettabili e sopportabili.
In questo breve scritto sono esclusi quei comportamenti legati alla patologia dei disturbi alimentari (anoressia nervosa, o bulimia), ma unicamente alla libera decisione di chi, per svariate ragioni, decide che il digiuno è la strada per raggiungere un benessere reale e verificabile con dati medici.
Il compito dello psicoterapeuta è quindi quello di affiancare e supportare la persona al fine di aiutarlo a svelare le trame della mente che possono indebolire il conseguimento del proposito. Non solo ovviamente nel raggiungimento del peso forma, ma di ogni anelito al miglioramento della propria persona.
Anche nelle attività sportive ad alto livello la mente gioca un ruolo fondamentale nel decretare forza o debolezza nell’azione; molti sportivi si rivolgono agli specialisti al fine di trovare una forma mentale che assicuri la massima competitività.
Molti limiti non vengono unicamente dal fisico; l’idea che abbiamo di noi stessi può portare ad una interpretazione di questi impulsi che arrivano dal corpo. Se ci pensiamo deboli un lieve segnale, che proviene dal nostro organismo, lo leggiamo come il raggiungimento del limite massimo e saremo costretti ad interrompere lo sforzo senza nessun dubbio circa il possibile superamento.
Un lavoro conoscitivo, attraverso un percorso terapeutico, può evidenziare che molti limiti non siano collegati ad una caratteristica fisica imprescindibile, ma a ciò che valutiamo essere il nostro “potenziale”.
Per fortuna nell’uomo risiede una profonda aspirazione al raggiungimento di una propria evoluzione che lo costringe al superamento di quei limiti fin li presentati come invalicabili: come le colonne d’Ercole.
Ecco perché il digiuno rappresenta un’ottima esperienza (come tante altre cose che rimandano all’idea di non poterle fare) di cosa succede quando si pone un limite e di come intervenire per spostare questo al fine di ottenere il proprio obiettivo.
“Non posso, non riesco” non sono verità inconfutabili; “non voglio” è una espressione più vera. Quindi la mancanza di risultati nel campo della salute, in questo caso, non è da collegare al limite fisico, alla resistenza alla fatica, ma alla comodità nel mantenere la propria abitudine senza ottenere nessun cambiamento nella propria esistenza.