Si scopre ben presto che il bambino ha una sua personalità che mette in difficoltà il genitore: non vuole dormire, non mangia ogni cosa che gli viene proposto, ad esempio.

I capricci vengono visti come una irruzione nella vita della famiglia che producono una rottura della serenità familiare. Le ridotte dimensioni fisiche del bambino e la relativa scarsa insistenza portano al veloce superamento di questi punti di attrito.

Questi però acquistano una diversa intonazione quando lo sviluppo psichico e fisico del ragazzo/a sostiene, con energia, la sua richiesta di maggior autonomia, di una diversa modalità di vivere una vita fin li impostata dalle credenze e regole familiari.

Il figlio/a, che brama la conquista di questa nuova dimensione di vita, richiede che i limiti prima vigenti siano superati da nuove concessioni che rispondono ai sui nuovi bisogni di libertà, emancipazione.

Le regole della famiglia, ammesso che siano state presenti, devono essere superate, sovvertite al fine di lasciare dietro di sé quella dipendenza assoluta seppur rassicurante.

Il giovane si trova a dover lottare, ricercare una propria dimensione di vita che oscilla tra la ricerca della libertà e la paura della stessa.

Lo scontro diventa una nuova forma di prova; se una volta l’ingresso nella vita adulta era sancito da una prova di coraggio e forza, ora, in modo più diluito, l’uscita dalla vita infantile richiede un tempo lungo e forse non così definito.

Pertanto il genitore si trova a dovere assumere una posizione di contrapposizione rispetto al figlio/a e tenere la conflittualità ad un livello accettabile al fine di fornire un salutare baluardo; diversamente la mancanza di un limite autorevole, se pur odiato, porta ad innalzare lo scontro a livelli molto pericolosi. Non essere contenuto equivale al non essere visto e quindi amato.

La premessa del genitore in questo confronto è la qualità della sua persona, della sua amabilità e capacità di conservare un rispetto profondo della figura del figlio/a.