STATI DEPRESSIVI

I sintomi della depressione

“Dottore sono depresso”.
In questa frase, che sembra non lasciare spazio a nessuna forma di dibattito, si cela in realtà un insieme di sintomi che vanno dalla tristezza alla vera depressione. 

Nel linguaggio comune si è esteso il concetto di depressione fino ad includere quello di tristezza, che ognuno può provare in alcuni momenti della vita e che rimane una risposta normale e sana alle vicende della vita. Nel mondo di oggi però la tristezza non trova una sua cittadinanza in quanto l’imperativo della società moderna risuona nell’espressione si felice, goditi la vita.
Appena si esce da questa visione un po’ cinematografica di una forma di felicità di facciata, quasi ipocrita, si scoprono le tante facce della vita che portano ad incontrare le numerose difficoltà, quelle deviazioni che ci allontanano dalla tanto agognata felicità.
Più si rimane legati al modello edonistico dell’esistenza felice più ogni allontanamento da esso suona come un fallimento della propria esistenza, lasciando spazio ad una menzogna che la felicità sia uno stato facile da raggiungere e soprattutto da conservare a lungo.

Non certo posso fare l’apologia della sofferenza ma non sentirla unicamente come un evento negativo e privo di spunti di crescita rimanda di nuovo all’idea che si è bravi e potenti se si riesce ad assicurare a se stessi e agli altri a noi vicini la promessa implicita di eterna felicità. Quindi partendo dalle spinte che uno stato di tensione o dolore determina si possono creare le premesse per un cambiamento della vita fin li portata avanti non sempre in modo completamente consapevole.

Come riconoscere la depressione

Ci sono molti motivi di delusione, di giornate che segnano con una sferzata il nostro umore rendendolo più vulnerabile alle oscillazioni inevitabili nel corso di un periodo più o meno lungo. Certamente bisogna porre attenzione quando questa forma di tristezza diventa una costante delle giornate e quindi, da una risposta normale agli eventi, si passa ad una forma strutturata dell’umore sempre connotata da questo stato emotivo, che comincia ad incidere su molti aspetti della vita quotidiana. 

L’ascolto del terapeuta può certamente essere utile per capire se si sia di fronte ad un quadro di difficoltà di vita che determina questa tristezza (e quindi cercare insieme di trovare una elaborazione delle difficoltà che conduce al loro superamento) oppure se la sintomatologia riscontrata palesa un quadro depressivo franco.

Depressione: il ruolo dello psicologo

Ritengo che ogni richiesta di aiuto debba essere presa seriamente anche se non si palesa una sintomatologia depressiva. 

La spinta che spinge la persona a chiedere un consulto comunque contiene un bisogno profondo, magari semplicemente di trovare una persona che ci metta cura e attenzione nell’accogliere le sue parole.

  • Pertanto creare un ambiente accogliente, mettere il più possibile a proprio agio il consultante è un obiettivo che caratterizza il mio approccio. 
  • A questo punto si rende possibile un ascolto libero e interessato che cerca di capire nel profondo il dialogo che si crea tra il terapeuta e il paziente, che collaborano alla comprensione e espressione dei sentimenti che il secondo custodisce nel suo animo dolente. Questo tipo di ascolto permette al terapeuta di non partire con una diagnosi magari condizionata dalle prime parole ascoltate, ma di costruire un’ipotesi che deve essere poi confermata da altri dati, che sicuramente emergeranno dal dialogo.
  • Certamente oltre all’ascolto attento e premuroso il terapeuta conduce anche un’indagine per verificare la presenza di pensieri, desideri negativi che in altre circostanze non sarebbero presenti.

Quindi non appena si crea una sufficiente alleanza terapeutica il terapeuta deve poter toccare anche temi “scabrosi” che riguardano il rischio di azioni lesive che il paziente può mettere in atto. Affrontare temi che possono essere considerati tabù determina il superamento della concezione che ci siano cose di cui si deve vergognare, che non possono essere condivise. Anche se questo momento richiede il giusto timing e si deve superare il legittimo imbarazzo, il paziente poi scopre che ciò ha un effetto di allentamento sul suo stato psichico. Si sentirà meno solo e avrà la consapevolezza che qualcuno è disposto ad accogliere anche le sue parti brutte che hanno agito dentro di lui indebolendolo.  

Come uscire dalla depressione

Una fase importante è la costruzione del progetto di cura che deve tenere in conto quelle che sono i desideri e le possibilità (anche economiche) del paziente. Se da una parte ci sono le indicazioni del terapeuta che, in base alla sua esperienza, può ritenere necessarie, dall’altra parte il paziente può avere una sua idea iniziale che deve essere tenuta in considerazione e partendo da quella vedere se è da ritenersi utile o controproducente al fine di una migliora presa in cura.

Talvolta si evidenzia la necessità di affiancare alla psicoterapia anche una farmacologica per favorire una più veloce ripresa dello stato eutimico.
Le possibilità a riguardo sono molteplici:

  • sostanze naturali con azione spiccatamente antidepressiva possono essere scelte se queste sono accettate dal paziente,
  • la classica pastiglia di antidepressivo se il paziente si sente più sostenuto da quest’ultima. 
  • A volte è la psicoterapia che arriva in un secondo tempo quando lo psichiatra ritiene che sia necessario un sostegno psicologico; l’aiuto che il paziente riceve è quello della ricerca dei motivi che possono aver indotto una risposta depressiva a seguito di eventi di vita o alla modalità con cui sono stati affrontati.

Combattere la depressione: come funziona la terapia

  • Modificare i modelli comportamentali richiede un lavoro importante in quanto le abitudini, anche di pensiero, non sono facilmente abbandonate. Bisogna quindi trovare la via per sostituire la prassi cognitiva con forme più adattative. Se la persona ha dei modelli/obiettivi troppo elevati, quasi irrealistici la possibilità di esporsi ad una cocente delusione, frustrazione è assai probabile. Ciò mette su un piano inclinato il livello dell’autostima che se troppo abbassato facilità la caduta nella depressione. Quindi l’azione della psicoterapia va nella direzione di un riconoscimento di questi modelli interiorizzati frustranti e cerca di far accettare la “delusione” di una vita più facilmente realizzabile. Qui le parole di sostegno del terapeuta devono essere calibrate al fine di non mortificare le eventuali aspirazioni di grandezza del paziente, che sono quasi sempre nascoste. 
  • Un altro passaggio della terapia è la presa di coscienza delle eventuali ricadute che, purtroppo non così rare, possono essere precedute da segnali, al fine di rendere più attento il paziente al loro presentarsi. Sapere che ciò non dipende dalla cattiva volontà del paziente lo solleva dalla responsabilità di un “fallimento” di tutto quello fatto fin qui. Superare la vergogna della malattia psichiatrica conferisce alla persona la possibilità di accedere prontamente alle cure e non aspettare che l’illusoria forza di volontà possa risolvere tutto. Quindi non appena si vedono segnali di una compromissione delle attività quotidiane (lavarsi, nutrirsi eccetera) e altri segni che accompagnano (insonnia, perdita di peso e non trovare più piacevole molti aspetti della vita) la persona o qualcuno con cui condivide la vita possa muoversi per cercare una risposta al crescente malessere.
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